I formaggi piacentini
L’arte dei casari è già presente in terra emiliana nell’anno Mille; all’inizio si produceva un formaggio a pasta morbida che aveva la funzione di conservare il latte e le sue proteine. I formaggi del territorio piacentino incominciarono ad essere stagionati non appena ci si rese conto che mantenevano intatti i principi nutritivi del latte; inoltre il loro sapore arricchiva quello di altri cibi. E difatti, già nel Quattrocento, si parla dei formaggi piacentini come i pochi in Italia degni di nota e a ragione, perché questi formaggi, da quando esistono, sono stati oggetto di notevoli successi e la loro fama si è diffusa ben al di fuori dei confini di produzione.
Parliamo oggi dei caci più pregevoli delle terre piacentine. Va detto innanzitutto che nella provincia di Piacenza si possono produrre due formaggi con in marchio D.O.P. che sono il Provolone Valpadana (arrivato dal sud Italia con gli emigranti meridionali ma che si è adattato benissimo anche ad essere prodotto nella Pianura Padana) e il Grana Padano. Quest’ultimo è un formaggio nobilissimo che ha probabilmente avuto i suoi natali tra Lodi e Piacenza, ma che di certo ha avuto una grande celebrità come Formaggio Piacentino. Ricordiamo infatti che il più antico trattato sui formaggi, la Summa Lacticinorum di Pantaleone da Confidenza (pubblicata per la prima volta a Torino nel 1477), dedica un capitolo intero al Piacentino, che, a detta dell’autore, era secondo solo alle produzioni britanniche in termini di salubrità, ma certo non aveva eguali in termini di gusto. La valorizzazione del Grana Padano prodotto a Piacenza è oggi combattuta su due fronti: un gruppo di produttori vuole ottenere una denominazione particolare per il Grana Padano piacentino restando all’interno del Consorzio Nazionale del Grana Padano che ha sede a Brescia (come hanno fatto con successo i casari lodigiani), diversamente un altro gruppo ha fondato un consorzio a parte e produce il formaggio Piacentino sul modello del Parmigiano-Reggiano. Le strade sono entrambe difficili ma vanno nella giusta direzione, poiché oggi si trovano dei Grana Padano di ogni sorta un po’ ovunque e valorizzare la produzione locale di qualità è la soluzione migliore.
Questo però non significa che Piacenza sia tutta Grana e Provolone, anzi!
Al Grana, storico formaggio di pianura, si contrappongono le ribiole, nome generico che indica i formaggini di montagna, fatti in genere con latte di pecora e di capra, che possono essere consumate fresche o lasciate invecchiare fino a quando non vi nascono i saltarei (saltarelli), che sono dei vermicelli larve della piophila casei. Il formaggio coi beghi è chiamato furmai nis (formaggio nisso, se volete), nome che comprende due tipi di produzione diverse: in un caso la cagliata viene lasciata all’aria aperta affinché le mosche vi depongano le uova (ribiola cui bègh), mentre in un altro caso si lasciano mantecare in vino bianco, grappa e miele dei pezzi di formaggio a pasta dura (il provolone va benissimo) finché non vi nascono i beghi che nutrendosi della pasta ne trasformano il sapore rendendolo molto piccante ed aromatico (quest’ultimo procedimento è analogo a quello usato in Sardegna per produrre il Casu marzu e un po’ in tutta Italia per formaggi analoghi. Le norme igieniche comunitarie non ne permettono più la produzione, anche se ne rimangono delle piccole produzioni familiari che permettono ai ghiottoni di continuare a gustare questa leccornia.
Con il termine “prodotti tradizionali” ci si riferisce a prodotti di nicchia che, oltre ad un alto valore gastronomico, hanno anche una forte valenza culturale. Si tratta di realtà produttive per le quali la protezione comunitaria non risulta applicabile, e tuttavia si ritiene necessario intervenire per arrestare il fenomeno della loro scomparsa. Le Regioni hanno il compito di predisporre ogni anno l´elenco dei prodotti tradizionali, e di accertare che i metodi di lavorazione, conservazione e stagionatura siano praticati, sul proprio territorio, in maniera omogenea e secondo regole tradizionali e protratte nel tempo, comunque per un periodo non inferiore ai venticinque anni. Il primo elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani, pubblicato con Decreto Ministeriale il 18/07/2000, conteneva un solo prodotto piacentino: l’aglio bianco piacentino. In seguito la Provincia di Piacenza ha intensificato le ricerche storiche sui prodotti e, in collaborazione con il Consorzio salumi tipici piacentini, ha presentato alla Regione Emilia Romagna documentazione, proposte e schede per poter inserire altri prodotti nell’elenco nazionale. Anche i Comuni di Podenzano e di Pianello Val Tidone hanno presentato le loro domande e la Regione Emilia Romagna ha approvato l’elenco dei prodotti proposti e lo ha trasmesso al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Il Ministero ha eseguito a sua volta la propria istruttoria, inserendo in elenco, a più riprese, i prodotti piacentini. Dopo alcune fasi di approvazione sono stati inseriti nell’elenco del Ministero ben 96 prodotti piacentini (esclusi alcuni che sono presenti in tutta la regione), una tale quantità rappresenta un vero primato a livello nazionale; infatti Piacenza è l’unica provincia con un numero così elevato di prodotti.
Le ricette pubblicate
- Bortellina (burteleina)
- Bortellina di Bettola (Burtlena)
- Anolini piacentini (anvëin)
- Tortelli con la coda (turtei cu la cua)
- Pisarei e fasò
- Mezze maniche ripiene
- Panzerotti alla piacentina
- Tagliatelle con la ricotta fresca
- Tagliatelle in salsa di noci
- Spaghetti alla chitarra con ragù d'anatra
- Spaghetti alla carbonara
- Carbonara al pesce spada
- Spaghetti aglio, olio e peperoncino
- Spaghetti alla trinacria
- Spaghetti alla chitarra con uova di lompo e bottarga
- Ziti con le polpette della nonna
- Maccheroni al crudo con zucca e ricotta salata
- Paccheri con pomodoro fresco e ricotta salata
- Pappardelle con funghi porcini e speck
- Pappardelle con speck d'anatra e funghi porcini
- Gnocchi di patate con speck e scamorza affumicata
- Risotto alla zucca
- Risotto agli asparagi
- Risotto con salsiccia
- Risotto al Gutturnio con fonduta di Castelmagno
- Risotto primavera
- Bomba di riso con piccioni
- Minestra di riso e spinaci
- I Testaroli
- Farfalle primavera
- Insalata primavera
- Pollo in salsa tonnata
- Tris di frittate
- Insalata di pollo
- La vignarola romana
- Insalata di polpo e patate
- Polenta con mozzarella e pomodori
- Polenta con i ciccioli
- Polenta ai formaggi
- Polenta con uovo al formaggio e tartufo
- Polenta con brasato di asinina e funghi
- Couscous "margherita"
- Couscous con pollo al curry, asparagi e zucchine
- Picula 'd caval
- Anatra arrosto
- Brasato di petto d'anatra in carpaccio
- Tasca di vitello farcita
- Coniglio alla piacentina
- Fesa di tacchino con olive e speck
- Fegato alla veneziana
- Filetto al pepe verde
- Costine di maiale sfumate
- Braciola di maiale saporita
- Anguilla spaccata ai ferri
- Pizza bianca agli asparagi
- Crostini di lardo e finocchio
- Lardo battuto (Pistà ad Gras)
- Acaraje
- Ananas speziato
- Ciambella (buslàn)
- Mosto d'uva cotto
- Torta di mele
- Torta di riso senza zucchero
- Ciambellone al cioccolato
- Torta Sacher o Sachertorte
- Turtlitt
- Macedonia sotto spirito
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